Marco Bagnoli, Golem, Dolmen, Gödel

Golem, Dolmen, Gödel, 1981,

coppi, struttura in legno, striscia di carta disegnata, immagine proiettata,
cm 800 x 800 x 150.

Golem, Dolmen, Gödel, Villa Medicea La Ferdinanda, Artimino 1981.

Il 28 novembre 1981 Marco Bagnoli inaugura Golem, Dolmen, Gödel all’interno della Villa Medicea La Ferdinanda di Artimino costruita per il Granduca Ferdinando I de’ Medici su progetto di Bernardo Buontalenti. L’iniziativa è organizzata da Uberta Sannazzaro e Vittorio Dapelo, la cui famiglia possedeva la villa in quegli anni. Non è l’unico intervento artistico nella villa ma certamente il più rilevante. Di fatto l’artista occupa gran parte dell’edificio a partire dall’ingresso per raggiungere i piani immediatamente sotto tetto, attraverso un doppio percorso essenzialmente fatto di luci. Nella sala di incrocio dei due percorsi convergenti costruisce con vecchie tegole un tetto sul pavimento, lo fornisce di un finto comignolo con parafulmine collegato con il vero e proprio tetto dell’edificio da una lunga striscia di carta su cui è stata tracciata una linea a inchiostro e illuminata da un lampo di luce prodotto artificialmente, che evoca l’ipotetica scarica elettrica di un folgore.

“Nell’ambito della tripartizione tematica (Golem, Dolmen, [Gödel]) avanzata da Bagnoli [che è anche il titolo dell’intervento] […], Golem occupa una posizione centrale. […] al verso 16 del salmo 38, il luogo ove per la prima volta appare la parola, è scritto: «I Tuoi occhi videro il mio Golem e nel Tuo libro erano scritti tutti i giorni a me destinati prima che ne esistesse uno». Qui Golem sta per embrione, entità non ancora sviluppata, avviluppata in se stessa. […] S. Girolamo individua nel Golem l’oggetto imperfetto e  disordinato su cui all’origine dei tempi, gli occhi di Dio si posano per dare forma.
I cabalisti medioevali e rinascimentali svilupparono il concetto lungo implicazioni analogiche tutte rinvianti al mito dell’uomo creato dall’uomo, della creazione artificiale della vita; […]. Questo concetto di soglia, di embrione, di virtualità è quello cui rinvia Bagnoli nel percorso criptico tracciato lungo le stanze, le scalinate, i corridoi della [Villa La Ferdinanda]. Percorso tortuoso e difficile ma preciso, discrimine tracciato lungo il crinale che divide l’ombra dalla luce, il dentro dal fuori, l’oriente dall’occidente. Forma simbolica è la soglia, il limen, luogo magico che divide l’esterno dall’interno; luogo del passaggio, dell’ingresso-uscita; spazio che congiunge-separa; che consente il compimento di un rito anche all’inverso, come Golem può tornare fango e materia se lo spirito che lo ha reso vivo, fuoriesce da esso. La centralità del tema del Golem deriva appunto da questa virtualità che si pone anche come luogo di congiunzione tra la cultura megalitica (il formare primordiale, il Dolmen) e la cultura scientifica (il [Gödel], il principio di indecidibilità del dopo Einstein). Il rinvio simbolico alla centralità sposta il riferimento alla centralità del soggetto e alla centralità dell’esperienza dell’arte. Attraverso l’esperienza dell’arte ciò del mondo delle forme formanti, dove l’intelletto attivo si coniuga con l’intelletto possibile (S. Tommaso) il soggetto percepisce anche la centralità del tempo, la sua immutabilità, che si rispecchia nell’immutabilità dell’uomo e della sua lampeggiante produzione culturale.”
ltalo Tomassoni, Marco Bagnoli, in: «Flash Art», n. 107, Milano, febbraio-marzo 1982, pp. 57-58.