Marco Bagnoli, Colonna a Delfi, 2013

Colonna a Delfi, 2013,

fibra di vetro, foglia d’oro, marmo, pietra, rame, impianto sonoro,
colonna e vaso: cm 400 x 40 x 40, vaso: cm 90 x 37⌀.

Olnick Spanu Collection, Garrison, NY, 2013.

Nel parco della tenuta Olnick Spanu che affianca il corso dell’Hudson River viene adesso installata un’opera di Marco Bagnoli, una colonna talismano alta quattro metri, dipinta di un colore rosso manierista affiancata a una grande pietra vicino allo specchio d’acqua con i pesci Koi. In cima al pilastro è stato poggiato un vaso, della serie Sonovasoro, in fibra di vetro dipinta in un colore madreperla. Questo contenitore, in apparente rotazione e caratterizzato da una sequenza di segni spiraliformi, funziona in connessione con un secondo vaso d’identiche dimensioni e forma, poggiato su un macigno a terra dalla forma gentile. La pietra d’appoggio somiglia, infatti, al palmo di una mano stretta a forma di cucchiaio pronta a offrire o custodire qualcosa di prezioso o di estremamente fragile. La rossa corona eretta verticalmente dialoga quindi con la pietra grezza disposta orizzontalmente al limitare del laghetto. Il secondo Sonovasoro è in marmo bianco e al suo interno si trova una parabola in rame specchiante.
La colonna è piantata in profondità: idealmente si collega al centro del nostro pianeta. Il colore rosso intenso con riverberi dorati si staglia sul fondo verde del paesaggio e s’innalza verso il cielo, contrasta col bianco della neve, si accende in mezzo agli alberi spogli. I vasi invece ricevono la pioggia, i fiocchi di neve, le foglie cadono, il polline che circola nell’aria. Insetti e farfalle vi trovano alloggio,. La fibra di vetro è trafitta dai raggi del sole con le limpide giornate, ma scompare nella nebbia autunnale, nell’arco del mese risplende seguendo il corso della luna notte dopo notte.
Un suono aureo – ecco spiegato il titolo Sonovasoro – rimbalza da un contenitore all’altro come se le note sgocciolassero da una fontana, dalla zona accessibile agli spiriti verso terra e viceversa. Nel titolo dato alla coppia di vasi, il termine ‘sono’ che fa riferimento al suono, nella lingua e grammatica italiana è pure la prima voce del verbo essere: io sono. Quindi il vaso è corpo ed essere corposo. Ora, siccome i vasi installati a Garrison sono due, dobbiamo arguire che l’io è anche l’altro. Il suono quindi sposa e lega la coppia ad un solo destino terreno e celeste. Maschile e femminile compongono una sola melodia, una forma plastica e sonora androgina. Dunque, per Bagnoli il significato potrebbe essere; “Io sono l’altro”; ovvero, IO X TE. Tenendo conto della celebre affermazione “J’est un autre” del poeta francese Arthur Rimbaud, ma qui con uno spostamento e una evoluzione dalla psicologia del simbolismo alla mistica unione degli opposti di origine ermetica e alchemica. Come indica, infatti, il termine “oro”, in Sonovasoro.
La Colonna è una tipologia di opera a cui Marco Bagnoli lavora da molti anni. Ne esistono diverse versioni e varia altezza, risolte con materiali, patine e colori sempre diversi. La colonna rossa è una solidificazione della banda rossa, una figura geometrica di misure auree che nel corso degli ultimi decenni è diventata la cifra ricorrente del lavoro di Bagnoli […] Come scrive Bagnoli: “La banda colorata di rosso è il segno del mantenimento del piano nella fuga dello spazio nel tempo”. Ha la stessa funzione trascendentale delle icone russe e delle figure geometriche di Malevitch. Una soglia spazio-temporale è anche la parabola specchiante. Bagnoli si serve dello specchio parabolico come di una porta da superare per acquisire una conoscenza superiore della realtà, indagata in senso mistico e alchemico. Queste parabole aumentano la percezione extrasensiorale provocando un allargamento del campo visivo in senso antiprospettico, ellittico, fino allo svuotamento della riflessione, alla liquefazione del riguardante […].
L’opera – Colonna a Delfi – concepita per Garrison scaturisce da un precedente lavoro di di Bagnoli – Fontana a Delphi – immaginato nel 2000 per uno spazio all’aperto in vista del mare di Corinto, un monumentale di 72 vasi distribuiti su altrettante colonne secondo l’ordine geometrico-simbolico del Quinconce, cioè assecondando una disposizione […] antichissima utilizzata per piantare alberi da frutto e vigneti. Quindi Bagnoli intende adesso relazionare l’antica sacralità apollinea e dionisiaca di Delfi con quella originaria della foresta di Garrison, la cui energia naturale e spirituale è facile avvertire e di cui dobbiamo avere profondo rispetto e considerazione. A Delfi si trovava il santuario dedicato a Febo-Apollo, il dio del sole, che si raggiungeva salendo la via Sacra alle pendici meridionali del monte Parnaso. Qui si ascoltavano i vaticini della profetessa Pizia e si svolgevano i giochi Pitici ogni quattro anni. La seduta mantica era fissata il settimo giorno di ogni mese, ma la Pizia taceva nel periodo invernale quando ad Apollo subentrava Dioniso, dio della morte e della rinascita. Leggenda vuole che a scoprire le qualità mantiche del luogo sia stato un pastore il quale aveva riscontrato come le sue capre si eccitassero vicino a un crepaccio aperto nella terra di Delfi. Avvicinandosi incuriosito alla voragine il pastore avrebbe poi iniziato a profetizzare l’avvenire. Lungo la via che conduce al tempio di Apollo si trova la fonte Castalia nella cui acqua si bagnava la Pizia prima della vaticinazione. Nel santuario si custodiva anche una pietra a forma di ombelico, omphalos o betilo, e per questo il santuario veniva il centro della terra e centro spirituale dell’antica Grecia considerato dalle antiche leggende. L’omphalos poteva avere forma di pilastro o di masso ovoidale, simile in questo caso all’Uovo del Mondo. Marco Bagnoli si muove da sempre sul doppio binario di arte e scienza, dove però è la visione dell’artista a colmare le lacune dello scienziato, bloccato ideologicamente di fronte alle rivelazioni di tipo metafisico e trascendentali. Arte quindi come soglia da attraversare per un’esperienza di Bellezza che possa accendere un desiderio di Verità ulteriore. La relazione col luogo rappresenta nel suo caso l’occasione per dialogare con i segni e le credenze delle civiltà passate, confrontandosi e assumendo di volta in volta – come materiale del suo progetto – quelle esperienze artistiche, filosofiche, scientifiche e spirituali di cui il nostro tempo sembra aver dimenticato la grandezza e la vitalità. Bagnoli cita sovente Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Nei testi filosofici della seconda metà del Quattrocento, trova le parole per esprimere la sua visione artistica, il superamento della scienza grazie all’intuizione trascendentale e all’amore della bellezza, la necessità del sincretismo religioso su cui basarsi per costruire un mondo senza più conflitti e disperazione. Un sincretismo il suo che che non indugia nella citazione di immagini e stili obsoleti o già museificati, ma vive di ricerca e curiosità per forme e materiali singolari o preziosi, secondo traiettorie eccentriche, che portano Bagnoli a contatti costanti con simbologie e mitologie non solo occidentali. Non è insolito vedere accostati figure leggende dell’antica Persia e quella Veda, miti greci ed ermetismo rinascimentale, scienza ed epistemologia contemporanea […]L’opera d’arte – come sostiene Bagnoli – è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo, ed essa si fa nonostante ciò che esiste nel mondo… L’opera d’arte avviene nel vuoto, e in questo avvenire compie, per eccesso, l’offerta di sé, essa è allora ‘agape’, raccoglie in sé il mondo nel vuoto del suo rappresentarsi, si riempie di mondo. Facendola, l’artista si abbandona all’opera e l’opera lo abbandona”. In queste parole si esprime forse al meglio il funzionamento simbolico e spirituale della Colonna a Delfi installata nella foresta di Garrison. I vasi, infatti, ben rappresentano questa azione del dare, del ricevere e dell’abbandonare. Gli esseri umani dovrebbero sempre ricordarsi di essere come vasi, contenitori che ricevono e che per essere completi dovrebbero riversare continuamente quanto interiorizzato in modo da riempirsi di tutto svuotandosi soprattutto di sé stessi. Il fatto che l’installazione concepita da Bagnoli sia composta di due vasi, di una colonna e di una pietra primordiale è un fatto di estrema importanza se collegato all’origine della committenza: l’unione o copula di maschile e femminile, di cultura italiana e americana, delle biografie di Nancy e Giorgio.”
Sergio Risaliti, Colonna rossa, sonovasoro e pesci koi / Un’opera di Marco Bagnoli a Garrisson
in: cat. Marco Bagnoli. Colonna a Delfi, 2013, s.p.